Il prezzo record dei carburanti è fortemente influenzato dalle accise, che si sono accumulate nel tempo, una tassa dopo l’altra, dalla guerra d’Abissinia alle moderne auto Euro 6. Sebbene sembri assurdo, nel 2022 i consumatori italiani pagano ancora imposte relative a eventi storici di decenni fa, come la guerra di Mussolini in Etiopia. Tuttavia, è importante analizzare i dati con precisione.
I Numeri: Quanto Costa Veramente la Benzina?
Secondo i dati del Ministero della Transizione Ecologica, il 7 marzo 2022 il prezzo medio della benzina era di 1,95 euro al litro. Di questa cifra, ben 1,08 euro erano composti da imposte e solo 87 centesimi rappresentavano il vero costo industriale del prodotto. Anche il gasolio, che costava in media 1,82 euro al litro, era gravato da 94 centesimi di tasse, mentre il prezzo industriale era di 88 centesimi.
In realtà, senza le tasse, il prezzo dei carburanti italiani sarebbe tra i più bassi d’Europa. Tuttavia, le imposte fanno sì che il 55% del costo finale della benzina e il 51% di quello del gasolio siano dovuti al fisco. Per essere più precisi, sulla benzina, l’accisa era pari a 72,8 centesimi e l’IVA a 35,2 centesimi; sul gasolio, l’accisa ammontava a 61,7 centesimi e l’IVA a 32,9 centesimi, applicata al 22%.
Le Accise Storiche: Dalla Guerra d’Abissinia ai Giorni Nostri
Le accise che gravano oggi sui carburanti italiani sono il risultato di decenni di rincari imposti in momenti di crisi e mai revocati. Una delle più antiche risale al 1935, quando il Governo di Benito Mussolini decise di finanziare la guerra d’Abissinia con una pesante accisa di 1,90 lire, equivalente a un aumento improvviso di circa 2,19 euro attuali. All’epoca, solo pochi privilegiati potevano permettersi un’auto, per cui l’aumento non colpiva la maggioranza della popolazione.
Da “Una Tantum” a “Una Semper”: Le Accise Come Strumento Permanente
In Italia, le accise sui carburanti sono state lo strumento più utilizzato per far fronte a emergenze economiche e sociali. Sebbene fossero presentate come imposte “una tantum”, finalizzate a situazioni temporanee, nella realtà molte di queste accise sono diventate permanenti. Un esempio significativo è quello della guerra in Bosnia: l’accisa di 23,11 lire per litro doveva scadere il 31 dicembre 1996, ma alla fine è stata stabilizzata pochi giorni prima della scadenza.
Le Tragedie Nazionali: Suez, Il Belice e Altre Emergenze
Molte delle accise che gravano sui carburanti sono state introdotte per finanziare la ricostruzione di aree colpite da tragedie nazionali. Ad esempio:
- Vaiont (1963): 10 lire per finanziare i danni causati dalla tragedia della diga.
- Terremoto in Irpinia (1980): 75 lire per contribuire alla ricostruzione.
- Interventi in Libano (1983): 205 lire suddivise in due rate per sostenere gli aiuti umanitari.
- Crisi di Suez (1956): 14 lire per affrontare le difficoltà internazionali legate al Canale di Suez.
- Alluvione di Venezia e Firenze (1966): 9,6 lire per i danni subiti dalle due città.
- Terremoto del Belice (1968): 10,07 lire per la ricostruzione.
- Terremoto del Friuli (1976): 99,8 lire per riparare i danni causati dal sisma.
Queste accise, introdotte per far fronte a emergenze temporanee, sono ancora oggi parte integrante del prezzo che i consumatori pagano a ogni rifornimento, accompagnando i veicoli italiani come una tassa “invisibile” sulle spalle della popolazione.
Conclusione
La storia delle accise sui carburanti in Italia è una lunga marcia di imposizioni fiscali introdotte in momenti di crisi e mai rimosse, che oggi contribuiscono a far lievitare il prezzo della benzina e del gasolio. Sebbene il costo industriale dei carburanti in Italia sia tra i più bassi in Europa, la pressione fiscale rappresenta oltre la metà del prezzo finale, lasciando i consumatori a pagare il prezzo di emergenze passate.
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